Il termine smart cities education può essere tradotto con “formazione sulle città intelligenti”. Le Nazioni Unite, l’Unione Europea e il Governo italiano ritengono, infatti, fondamentale chiarire il concetto di smart city, intorno a cui gravitano iniziative, dibattiti e progetti relativi alla crescita e allo sviluppo delle città future.
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Città tradizionali
Prima di approfondire il concetto di smart city, è bene avere a mente quello di “città tradizionale”. Essa è un conglomerato di edifici che si contraddistingue per stabilità ed estensione; una città, inoltre, è caratterizzata da un alto tasso demografico e racchiude in sé funzioni di indirizzo culturale, economico, amministrativo e politico.
Può sembrare strano ma, secondo quanto riportato dalla ricerca “Smart cities tra concetto e pratica”, curata dal Centro Studi Assolombardia Confindustria Milano Monza e Brianza, a livello globale le città occupano soltanto il 2,6% della superfice terrestre. Tuttavia, accentrano il 70% del PIL mondiale e più del 50% della popolazione della Terra, utilizzano il 75% delle risorse naturali e producono circa il 70% delle emissioni di gas serra.
Per tali ragioni, le maggiori organizzazioni mondiali temono che la crescita incontrollata delle città e un’eccessiva urbanizzazione, se mal gestite, possano portare a rischi concreti per la salute dell’uomo e l’ambiente, con ripercussioni sulle infrastrutture e i servizi urbani, dai trasporti all’edilizia fino alla fornitura di servizi essenziali come elettricità, acqua e gas.
I cittadini, pertanto, sono chiamati ad avere un ruolo attivo (ecco il perché della smart cities education) e a vigilare sui 3 livelli essenziali della sostenibilità urbana:
- sostenibilità ambientale, la capacità di preservare la biosfera;
- sostenibilità economica, la riduzione dei divari reddituali tramite lo sviluppo di mercati competitivi e l’adozione di soluzioni innovative;
- sostenibilità sociale, la valorizzazione e il rispetto di etnie, culture e religioni tra loro diverse.
Uno sviluppo sostenibile delle città verso la smartness (il grado d’innovazione di una città) è già riconosciuto nelle linee guida dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e in un’iniziativa dal titolo “Smart Cities and Communities” della Commissione Europea.
Ad esempio, secondo le stime, adottare soluzioni di information and communications technologies (ICT) per la riduzione delle emissioni di gas serra e l’ammodernamento delle città porterebbe a un risparmio di 2000 miliardi di dollari e alla creazione di 30 milioni di posti di lavoro.
Smart city
Una smart city è un aggregato urbano in cui le tecnologie digitali rendono più “smart” la vita di abitanti e imprese. In altri termini, un’amministrazione cittadina interattiva in grado di ridurre il digital dive interno e implementare correttamente le ICT e l’IoT dà luogo a trasporti pubblici più efficienti e migliori servizi.
Secondo Rudolf Giffinger, professore di Scienza Regionale all’Università della Tecnologia di Vienna, la smart cities education aiuterebbe a creare «cittadini decisi, indipendenti e consapevoli».
Secondo l’ingegnere Colin Harrison dell’IBM ciò che rende una città “smart” è la capacità, in tempo reale, di raccogliere dati da sensori e device, per poi integrarli in un un’unica piattaforma accessibile ai fornitori di servizi; questi ultimi li utilizzeranno per ottimizzare i processi e proporre soluzioni data driven.
Esiste, poi, un’altra interpretazione del fenomeno delle smart city: quella più “umanistica” del professor Richard Florida dell’Università di Toronto, che enfatizza il capitale umano e fa dell’inclusione sociale e della partecipazione dei cittadini il proprio vessillo di battaglia.
Che si tratti comunque di ICT applicate allo sviluppo urbano o di una concezione più filosofica che premia la creatività e l’interconnessione tra i cittadini, la smart cities education si configura come una neonata disciplina volta a promuovere tecnologie, persone e istituzioni che rendono “smart” una città.
Smart cities education
La smart cities education tenta di individuare le aree su cui intervenire per rendere una città intelligente e di educare i cittadini a riguardo. Prendendo ad esempio quelle già individuate dall’Osservatorio Nazionale dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) e dalle Nazioni Unite, è possibile elencarne 8:
- environment → monitoraggio, gestione e tutela del territorio;
- energy → utilizzo efficiente delle fonti energetiche disponibili;
- mobility → ottimizzazione e sviluppo della mobilità urbana;
- economy → creazione di un mercato cittadino sostenibile e sostegno all’imprenditorialità;
- people → coinvolgimento e partecipazione dei cittadini alle attività di formazione, inclusione e sensibilizzazione ordinate dall’amministrazione comunale;
- living → servizi a supporto della cultura, del turismo e soprattutto del tempo libero;
- government → e-democracy, open data, trasparenza e gestione condivisa dei beni comuni;
- planning → pianificazione strategica delle opere d’interesse pubblico.
Se si intervenisse in ognuna delle predette aree, sia a livello progettuale che operativo, le città potrebbero davvero migliorare. D’altronde, la smart city così come la smart cities education nel 2023 è una necessità, propugnata sia dai governi nazionali che dagli organismi internazionali.
Le città odierne, essendo dei “sistemi di sistemi”, sono libere di scegliere gli ambiti per loro prioritari, l’importante è non considerare le varie aree come distinte; queste, infatti, integrano infrastrutture e servizi in favore dell’interoperabilità e di nuove sinergie.
L’importanza del PNRR per la smart cities education
La smart cities education passa anche attraverso le sovvenzioni europee. Uno dei modi, infatti, con cui il Governo italiano intende gestire i fondi del programma di aiuti europeo Next Generation EU è il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che prevede 10 miliardi di euro in finanziamenti da destinare alle smart city.
In particolare, sono previsti:
- 40 milioni di euro per la mobility as a service;
- 2,5 miliardi di euro per la gestione del rischio alluvione e idrogeologico;
- 740 milioni di euro per infrastrutture di ricarica elettrica;
- 900 milioni di euro per una rete idrica più digitale;
- 1 miliardo di euro per strade più sicure;
- 2,5 miliardi di euro per “piani urbani integrati” che mirino all’inclusione e alla coesione sociale.
Smart cities education: non solo teoria
Dai dati di una recente (2022) ricerca dell’Osservatorio Smart City della School of Management del Politecnico di Milano emerge, inoltre, un crescente interesse per la tematica: circa il 33% dei Comuni italiani vorrebbe saperne di più e investire sulla smart cities education, oltre che capire in che modo diventare una smart city.
La smart cities education si sostanzia di progetti concreti ed esempi sparsi per il mondo. Nel Bel Paese nel 2020 le sperimentazioni erano una su quattro e riguardavano perlopiù la sicurezza e il controllo del territorio, la smart mobility e l’illuminazione pubblica.
Firenze e Milano si confermano le città che hanno investito di più nella smart cities education e nella divulgazione di uno “smart thinking”. A seguire troviamo le città di Bologna, Brescia, Genova, Lodi, Milano, Modena, Padova, Pisa e Roma.
L’Indagine sulla maturità digitale dei Comuni capoluogo, realizzata da FPA, società del gruppo Digital360, per Deda Next evidenza che solo 41 città in Italia lo scorso anno hanno raggiunto un buon livello di maturità digitale. La smart cities education si rivela, perciò, essenziale tanto per i cittadini quanto per PA, imprese e attori coinvolti nei processi di trasformazione digitale. Divulgarla è un nostro dovere.
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