Nella società attuale l’innovazione rappresenta il fattore dominante della competitività, poiché determina la crescita organizzativa e consente all’imprenditoria di sostenere le proprie attività e competere con il resto delle realtà economiche. Ecco perché molte imprese hanno adottato strategie di continua innovazione dei loro prodotti e servizi. L’obiettivo è adottare una vision che impegni sia Università che imprese in un processo innovativo ambizioso e in costante evoluzione. Vediamo insieme le dinamiche innovative nel rapporto tra Università e imprese.
UNIVERSITà E IMPRESE, LE DINAMICHE INNOVATIVE
La collaborazione tra università e imprese è strategica per l’innovazione e lo sviluppo del Paese, proprio per l’attuazione di progetti comuni che aiutano la crescita economica e sociale dei territori.
D’altronde, le offerte di lavoro legate all’innovazione digitale sono in continua crescita.
Per le aziende, infatti, è sempre più importante assumere risorse giovani e qualificate, con skill in linea con l’evoluzione del business aziendale e con solide basi accademiche. Queste figure sono in grado di favorire l’innovazione e i cambiamenti migliorativi. Inoltre, le aziende ottengono vantaggi dagli sgravi fiscali e dai bonus per le assunzioni con contratto di apprendistato. Restano però alcuni ostacoli e resistenze che fanno dell’apprendistato uno strumento contrattuale poco valorizzato rispetto alle sue potenzialità.
Per rimediare servirebbe una maggiore istituzionalizzazione e un rafforzamento del dialogo tra università e imprese. Il partenariato didattico, infatti, è un investimento strategico per Università e imprese perché attiva una circolarità di saperi che vanno continuamente alimentati, per restare al passo con il mercato del lavoro e portare alle imprese un contributo di innovazione.
L’Università ha la capacità di incidere sulle dinamiche innovative, poiché crea connessioni con il tessuto imprenditoriale e non si limita all’ambito educativo e di ricerca, ma sostiene lo sviluppo socio-economico del territorio nel quale si trova ad operare, in linea con il contesto dell’open innovation.
Tra i principali canali di valorizzazione della ricerca pubblica ci sono le academic spin-off, imprese create dalle Università per la messa in pratica dei risultati ottenuti dalle ricerche accademiche. L’obiettivo è quello di attivare una politica volta a promuovere il trasferimento tecnologico, coinvolgendo gruppi di ricercatori. Le academic spin-off sono nate da iniziative sporadiche di singoli ricercatori che si dedicavano alla ricerca e alla consulenza esterna. In seguito sono state accettate e riconosciute dagli Atenei, che hanno iniziato ad adottare delle misure di supporto alla produzione di beni e servizi da immettere nel mercato.
Le academic spin-off si sono diffuse perché sono un reale punto di contatto tra il mondo imprenditoriale ed accademico. Esse, inoltre, possiedono un’incredibile forza economica, coinvolgendo tra i fondatori almeno un ricercatore e altre persone giuridiche, come imprese, istituzioni finanziarie ed incubatori per l’innovazione. Attraverso questo positivo scambio di competenze, le imprese sfrutteranno a fini commerciali e industriali il lavoro dei ricercatori, e le academic spin-off trarranno vantaggi dall’expertise gestionale delle imprese.
Con l’introduzione del Decreto Legge n. 179/2012, le imprese spin-off sono a tutti gli effetti delle start-up innovative.
Per quanto riguarda la brevettazione delle invenzioni attribuite ai ricercatori universitari, e non agli Atenei, esiste il cosiddetto privilegio accademico. Infatti, si può decidere di non divulgare la conoscenza mediante pubblicazioni scientifiche o presentazioni a convegni, e proteggerla legalmente attraverso la brevettazione. Essa rappresenta spesso un onere elevato che il ricercatore non riesce a sostenere o dalla quale non trae nessun provento. La conseguenza è una scarsa valorizzazione della ricerca universitaria e uno sminuimento del ruolo del ricercatore e dell’Ateneo.
Per attivare progetti innovativi che mettono insieme Università e imprese, si ricorre a modelli di governance capaci di far interagire le diverse parti in base alle loro esigenze e investire sulle modalità di comunicazione che apportino un valore condiviso. Unità operative come gli Industrial Liaison Office o gli uffici per il trasferimento tecnologico gestiscono l’interfaccia Università-impresa e contribuiscono allo sviluppo del territorio. Le forme concrete di collaborazione riguardano i contratti di ricerca, consulenza o certificazione, mentre quelle istituzionali sono integrate ad apposite forme aggregative come consorzi o cluster (distretto tecnologico). In questi casi l’Università è coinvolta direttamente.
LA FORZA ECONOMICA DEL MONDO IMPRENDITORIALE E ACCADEMICO
Importanti iniziative e risultati sono stati ottenuti grazie alla creazione di una sinergia efficace tra Università, studenti, imprese e mondo del lavoro. Più in particolare dalla necessità di usare l’Apprendistato di Alta Formazione e Ricerca per acquisire profili altamente qualificati e attuare quella che viene definita la digital transformation delle aziende.
L’apprendistato è uno strumento rapido ed efficace per l’inserimento lavorativo, ma va promosso attraverso i feedback delle aziende che condividono le proprie esperienze e attraverso la creazione di community online.
La strategia migliore per incrementare la diffusione delle iniziative di Dottorato Industriale è la diffusione di best practice e l’analisi dei risultati ottenuti tramite strumenti di finanziamento specifici. Questa iniziativa è in netta crescita grazie ad un certo numero di imprese coinvolte in attività di ricerca e innovazione. Con l’avvio dei corsi di laurea sperimentali a orientamento professionale, l’Italia ha un proprio modello di formazione terziaria professionalizzante accademicamente riconosciuto. I nuovi corsi di laurea sperimentali gettano le basi per la creazione di figure altamente specializzate che rispondano alle esigenze delle aziende e alle richieste del mondo del lavoro. Attualmente oltre il 30% delle imprese non trova i laureati giusti (soprattutto per le materie tecniche e scientifiche) e tanti giovani non conoscono la realtà dell’impresa e hanno difficoltà a trovare lavoro.
Le nuove professioni emergenti saranno le seguenti:
- data scientist
- big data analyst
- cloud computing expert
- cyber security expert
- business intelligence analyst
- social media marketing manager
- artificial intelligence systems engineer
Spesso gli sbocchi professionali indicati nei corsi di laurea non tengono conto delle nuove professioni. È importante risolvere questo disallineamento del linguaggio tra università e aziende, per allinearsi nella comunicazione e risolvere i gap attualmente presenti.
La formazione universitaria deve stare al passo con una domanda di competenze in continua evoluzione, per aggiornare i sistemi formativi con competenze digitali e soft skill con cui migliorare le proprie attitudini. Con l’aiuto delle imprese, che devono indicare quello di cui hanno bisogno, i curriculum formativi dei corsi di laurea, attualmente troppo rigidi, devono essere modificati in tempi plausibili e con largo anticipo, poiché anche una risposta molto ritardata crea difficoltà agli studenti che devono stare dietro alle richieste delle aziende.